31 dicembre 2006

Avrei voglia di idee diverse


Spazi, quadrati, quadranti,
sullo schermo qui davanti
troppe parole senza voce,
stella fioca, poca luce.


Cosa sto raccontando?
A chi perché e quando
ho pensato di narrare,
se non riesco a decifrare?


Io non parlo, non sento
sparo alle ombre, forse;
parlo troppo, me ne pento.


Non vedo le mie risorse,
galleggiare mi fa spavento.
Avrei voglia di idee diverse.



27 dicembre 2006

A volte vorrei



A volte vorrei
l'occhio del gatto nero
che non promette grazia
a un sinistro pensiero.
Uno sguardo
semplice ma severo.


(Tratto da Quadri senza figure, raccolta di poesie di Loredana Scaramella, Serarcangeli Editore)

25 dicembre 2006

Prima dell'antivigilia

Cancelli già chiusi: ore 21, la "favolosa" metro di Roma Caput Mundi, a Natale, ultimo venerdì di shopping è chiusa in anticipo per restauro. Era già successo in piena "Estate Romana", ad agosto.
Un fogliettino, attaccato alla cancellata di Piazza della Repubblica, stampato piccino, dice che il servizio è sostituito da autobus.
Cercare la fermata nei dintorni: nei dintorni decine di taxi vuoti in attesa. E non è un miraggio!
Ma ecco il MA2 con posti a sedere.
Dal finestrino scorre una Roma bellissima: sembra che un virus spaziale abbia spazzato via le catene di auto parcheggiate su file multiple o incolonnate ai semafori. Pochi pedoni, avvolti da foglie e cartacce fluttuanti nella prima vera tramontana di stagione. E mille luci natalizie che sottolineano forme altrimenti poco visibili di facciate liberty o rinascimentali, di svettanti palmizi o ippocastani.
A via Veneto luci dorate, oppure blu, o anche rosso fuoco: dalle vetrate di bar e ristoranti qualche raro avventore.
Dal tridente di una Piazza del Popolo così deserta, e sono le 21,30, da sembrare una stampa vivente dell'Ottocento, si intravede su via del Babbuino la più grande luminaria color verde acceso. Ma non è un albero di Natale. Si tratta di un' insegna permanente che indica da cielo a terra un messaggio per tutti gli uomini di buona volontà: PIZZERIA.
Già alle 19 via Nazionale era vuota. I Romani affannati, impacchettati, maledicenti, aggressivi, disperati, depressi, sgambettanti su marciapiedi ingombri di quattroruote, sculettanti su motorini puzzolenti, immobilizzati nelle code infinite (sia quelle degli uffici postali, sia quelle degli ingorghi), dove sono andati?
E i turisti? Ore 17,30 alle Scuderie del Quirinale: una mostra per quattro gatti. Più i custodi, tanti, sorridenti, in giacca rosso-natalizio.
E i pendolari dello shopping? Tutti indietro presto, nei comuni di provenienza. I negozi sono vuoti, le vetrine parlano invitanti a passanti che non esistono.
Piazzale Flaminio: davanti alla stazione del trenino, scomparse le bancarelle restano i detriti. Carte, cartoni, plastiche, materie prime poche, molti derivati di vario genere, meglio non approfondire.
La corsa delle 22, cancellata. Aspettare quella delle 22,30.
Tanto ora nessuno corre più, c'è tempo e non c'è nulla da fare.
Si aggira solitario un giovane: jeans sdruciti e un po' calati, come si usa ora, e zainetto in spalla. Tiene in mano un quadro, non avvolto, di media grandezza, poco pesante comunque. E parla, parla ininterrottamente, a voce alta, parla al vuoto che ha intorno, parla a se stesso e forse neppure. Frasi sconnesse: "E questa sarebbe arte! La chiamano arte!..." Agita il quadro al vento e al buio.
Poi entra nella stazioncina. Siede su una panca. Tira fuori un libro. Che non legge.
A un tratto si sente il rumore del quadro che cade a terra: interviene un addetto ferroviario. Volano parolacce da entrambi.
Il giovane alza la voce: "Ma lo sai questo quadro quanto vale? Me lo hai rotto. Dimmi il tuo nome, voglio sapere come ti chiami. Hai anche la divisa, a parte la tua divisa, dimmi il nome e cognome."
La risposta è in crescendo: "Non sono tenuto a dare il mio nome a nessuno. Ho diritto alla privacy, e poi smettila che mi stai a rompe er culo!"
No, non vengono alle mani. Il giovane comincia ad andare in su e giù, sul marciapiedi, tra i 2 binari, lamentandosi e invocando Gesù: "E' Natale, è nato il Bambino, ma che Natale è questo? Che è Natale, questo? Voi l'avete ucciso, siete stati voi."
Si risiede sulla panca, tranquillo. Tira fuori un libro dallo zaino.
Man mano arrivano delle persone, una decina in tutto. Aspettano anche loro il treno delle 22,30.
Il giovane si porta al centro dell'androne e si accoccola per terra. "Ecco ora comincio a leggere. La Bibbia, i due Testamenti, o forse è la Cabala? Mah, qui ci vorrebbe Zoroastro. Ecco chi ci vorrebbe. Lo conoscete? Fa' lo stesso, la Bibbia o la Cabala. E no, questo libro lo devo leggere a voce alta..."
Ma arriva il treno.
Sale e scende con il suo quadro, due o tre vetture. Poi sceglie il sedile di fronte.
Il treno parte, la luce illumina finalmente il suo viso.
Un bel giovane, dalla fronte alta e spaziosa, due occhi scuri intensi, vivaci. Magro di costituzione, ma ben nutrito e ben curato. Un viso simpatico, intelligente.
Un sospetto: che sia un burlone? Ci ha preso tutti in giro fino adesso? Un simpatico scherzo di Natale, in anticipo sul Carnevale?
Il quadro ha una cornice a rilievo di cartapesta, color rosso vivo. Si tratta di un collage: si intravede dipinto un ometto grasso, seminudo e panciuto, con un mantello, sospeso quasi in aria. In basso un ritaglio, sembra una maschera. Poi una lattina di coca cola schiacciata e incollata.
"Ora tiro fuori il mio libro, quello che sto scrivendo. Ora ve lo leggo." A chi si rivolge? Non guarda nessuno. Gira il quadro. Sul retro una firma, nome e cognome. Il nome è Omar.
Il "suo" libro è un quadernone scritto a penna. Non legge, ma riprende a parlare.
"Mi chiamo Omar, ho 26 anni. Ho il diritto alla mia età di andare a divertirmi. Ecco ora vado a divertirmi. Ne ho il diritto a 26 anni. Perché mi ha rotto il quadro? Ma lo sa quanto vale questo quadro? E non ha voluto dirmi il nome."
Non si tratta di una burla natalizia. Si tratta di un ventiseienne, intelligente, colto?
Ora legge il suo libro: "Perché gli Ebrei non riconoscono Gesù neppure come profeta, e gli Islamici sì? A voi vi si deve rode er culo, a voi che l'avete ammazzato. Portava la croce, ma la croce non pesava, era pesante perché Gesù si è sacrificato non solo per tutti gli uomini, ma anche per le piante e gli animali. Per questo pesava la croce..."
Scendo, sono arrivata.
Omar prosegue il suo viaggio. Il suo quadro non era pesante, cartapesta e compensato.
O invece era pesante?
Ventisei anni: antisemita? cattolico? pro-islam? di destra, di sinistra, anarchico, artista, lucida pazzìa?
Scambiando le lettere del nome Omar diventa Roma, la culla della Cristianità.
Ma di chi è questo Natale?
Roma 22 dicembre 2006



racconto di Erica Ghini

19 dicembre 2006

Merlino


Il ritorno a Demezia

Merlino era solo. Finalmente. Lanciò un grido, che si perse lungo il sentiero. Poi, spada in pugno, si lanciò in una corsa senza meta. Saettò tra i rami, s'affannò a risalire i poggi. Cadde, si rialzò, la spada sempre in pugno. Amado, il suo cavallo, lo seguiva a piccolo trotto, disorientato da quel suo andare zigzagante, affannato. Quando lui si fermò a riprendere fiato, lo raggiunse e gli nitrì sul collo un richiamo breve. Merlino non aveva orecchie, né occhi, né cuore. Allontanò il cavallo e s'arrampicò velocemente su una roccia. Restò lì, in piedi. Gli occhi chiusi, portò al petto la spada, con delicatezza, quasi avesse tra le braccia un cristallo. La strinse, mormorando il nome di Deer, suo nonno. E pianse. Finalmente, lasciò che l'emozione e il dolore per la morte di Deer trovassero sfogo.
Un nitrito ancora. Il suo cavallo lo aspettava ai piedi della roccia. Merlino scese agilmente e lo cavalcò a pelo. Diede di sprone e si inoltrò là dove era più fitta la foresta e frequenti i coni d'ombra. Voleva nascondersi, sparire, sciogliersi dentro il bosco, confondersi con la terra e i rami. E restare zitto per il tempo che avrebbe preteso il suo dolore a ricomporsi.
"Merlino"
Qualcuno chiamava il suo nome. Lontano. Non avrebbe voluto rispondere ad alcun richiamo ma quella era la voce, la sola voce, a cui sapeva di poter affidare il suo dolore.
Enid lo attendeva. Con il suo aiuto, Merlino avrebbe affrontato quel giorno e il suo popolo secondo la dignità e la responsabilità che gli toccavano. Da Re.
"Non ne avrò la forza" aveva mormorato lui.
Solo lo sguardo sereno di Enid sembrava averlo confortato. Almeno per un po'.


(da La magia di Stonehenge, romanzo di Luisa Mattia, edizioni e/o)

04 dicembre 2006

after the funeral



CLAIRE: Some people keep smoking you know because they just need the nicotine. I never did. It just wasn't that hard to give up. People say it's so hard. Or they smoke because it's like a social club at work, passing that lighter. Or they can't calm down. I just couldn't stop carrying around cigarettes. That's my habit. I needed them there in my bag. I have to know where my lighter is.
MICHAEL: But you quit when you met me.
CLAIRE: They always say you never quit.
MICHAEL: It doesn't matter.
CLAIRE: You just take breaks. You can take the longest breaks but then one day you just need to smoke.
MICHAEL: I love you, Claire. Can you hear me? I said, I love you.


Words from After the funeral by Christopher Sean Larsen

12 novembre 2006

28



Come posso ritrovare la mia pace
se il ristoro del sonno mi è negato?
Se l'affanno del giorno non riposa nella notte
ma giorno da notte è oppresso e notte da giorno?

Ed entrambi, anche se l'un l'altro ostili,
d'accordo si dan mano solo per torturarmi
l'uno con la fatica, l'altra con l'angoscia
di esser da te lontano, sempre più lontano.

Io dico al giorno, per compiacerlo, che sei luce
e gli dai grazia quando le nubi oscurano il cielo;
così lusingo la notte cupa,
che quando le stelle splendenti non fanno capolino,
sei tu a illuminare la sera.

Ma il giorno ogni giorno prolunga la mia pena,
e la notte ogni notte aumenta il mio dolore.

William Shakespeare, Sonetti

31 ottobre 2006

Exhibition n.1

Puoi nasconderti se vuoi puoi truccarti gli occhi puoi restare chiuso in casa attivare i contatti puoi ascoltare in silenzio per ore puoi urlare fino a star male e puoi chiederci perdono senza mai dimenticare che non puoi fingere non puoi più fingere perché non puoi più fingere non puoi più fingere perché non hai più tempo non hai più tempo



(A. Salvati, E42, da The Album Part 1)

26 ottobre 2006

27



Sfinito dalla fatica, mi affretto al mio letto,

il caro riposo per le membra stanche del viaggio,

ma allora un altro viaggio mi comincia nella testa,

e lavora la mia mente, quando è finito il lavoro del corpo.

Allora i miei pensieri, di là lontano dove mi trovo,

verso di te fanno un devoto pellegrinaggio,

e tengono spalancate le mie palpebre pesanti,

a guardare la tenebra che vedono i ciechi.

Senonché la vista immaginaria della mia anima

presenta al mio sguardo cieco la tua ombra,

che, come un gioiello appeso alla notte spettrale,

fa la nera notte bella e il suo vecchio volto nuovo.

Così di giorno le mie membra, di notte la mia mente,

per causa tua, e mia, non trovano quiete.

William Shakespeare, Sonetti

19 ottobre 2006

Ho voglia di fare a botte con qualcuno



Ho voglia di fare a botte con qualcuno. Tanti cazzotti, un calcio piazzato ben bene tra i denti, che faccia zampillare fuori sangue a volontà. Il mio pugno destro che rimodella la guancia sinistra di uno di quei teppistelli del cazzo figli della merda televisiva che deturpa l’etere da vent’anni; “non sanno quello che fanno…” – me ne fotto, inizino ad impararlo! Il mio piede sinistro che toglie il respiro ad uno di quei giornalisti cronisti televisivi che non hanno mai fatto una domanda “scomoda” a un potente, e si sentono tanto super partes in qualsiasi situazione – hanno la coscienza sporca come un ladro o un assassino -, lo colpisco al basso ventre evidenziando così quello che non ha… Il mio cranio che si schianta come un lapillo sul naso di uno di quei politicanti di merda che trovano le loro sporche propagande e diatribe varie ed eventuali più importanti anche della vita stessa: il mantenimento del potere prima di tutto, costi quel che costi… purtroppo le catastrofi derivanti dalle “politiche sbagliate” non colpiscono mai loro. Uno sputo carico di muco e catarro in faccia a tutti quelli che si mettono la dignità sotto i piedi, e mercificano i propri o altrui drammi. Ho una terribile propensione alla violenza; con chi potrei sfogarla? I cacciatori, che nel 2006 hanno ancora il coraggio di uccidere un animale indifeso “per sport”; i pedofili e gli stupratori, disumani e intollerabili, valgono un qualsiasi carnefice; il presidente degli Stati Uniti e chi come lui pensa che quello statunitense sia un popolo superiore, schiavi di televisione, ignoranza e globalizzazione; i magnate del petrolio e tutti quelli che nel corso degli anni hanno impedito lo sviluppo e l’applicazione di forme energetiche alternative, uccidono più loro di una qualsiasi calamità naturale. Ho voglia di darle di sana pianta a qualcuno, di stenderlo a terra con una caterva di colpi, a mani nude, alla pari. Voglio uno scontro. Non un semplice sfogo, un percorso. L’istinto primordiale che si scatena per non farsi sopraffare dagli eventi. Solo un temporale può fermarmi.

01 ottobre 2006

Storie di ordinaria follia #2

PETR: Una sola volta ho provato a tenermi una donna, e non ci sono riuscito; ma non possiamo permettere che le donne ci portino alla follia. Papà, se volessi dirmi qualcosa, anche tu puoi farlo. Mamma, papà ti lascia per un'altra donna e l'unica cosa che ti tormenta è che non riesci a consigliarlo nella maniera giusta! Sei strana, mamma. La nostra famiglia ha perso senso perchè era fondata sui buoni consigli, anziché sull'amore. Una persona ha bisogno di un consiglio o d'amore. Però: può una persona che ti ama consigliarti male? Questo è il problema. Ha valore un buon consiglio di una persona che non ti ama? Questo è un altro problema. Non ci sono che problemi. In ogni caso, la cosa più importante è rimanere se stessi. Nessuno ha bisogno del tuo sangue né dei tuoi consigli! Papà ti lascia perché tu non gli vuoi bene: ne hai fatto un uomo solo ed ora giochi a fare la donna comprensiva che lo capisce. La gente normale deve compensarsi, voi invece è come se vi foste sempre sottratti. Vi ho voluto bene, ma separatamente. Tu pensi che sono pazzo. I ritagli di giornale non li ho buttati e basta. Non so il perché. Perché sono una spugna. Bevo perchè non ho la forza di buttarli; non ho una donna che mi aiuti a farlo! Non ho una madre che mi consigli dove farlo, quando farlo! Fino ad ora mi son tormentato per ogni cosa. Adesso voglio provare a prendere quello che mi succede intorno come ispirazione. Voglio provare a scrivere poesie. Ogni persona che incontrerò sarà una poesia diversa. Sono a un bivio. E allora? Vorrà dire che sono a un bivio. Chi non è a un bivio?

(tratto dall'opera teatrale Storie di ordinaria follia, di Petr Zelenka)

30 settembre 2006

Storie di ordinaria follia

JIRI: Un sacco di gente si convince di essere folle ma il loro segreto sta nel fatto di essere di una normalità totale. Se ti guardi intorno vedi un sacco di gente come pazza, ma nessuno che sia diventato folle sul serio. Sai cosa intendo dire. Non vedi nessuno correre per strada in mutande. Nessuno a cui siano davvero saltate le valvole di sicurezza. A cui abbia dato di volta il cervello alla cara vecchia maniera. E c'è anche un sacco di gente che vuole essere folle, perchè la follia significa libertà assoluta... Potrebbero cominciare a comportarsi in maniera sincera. Ma hanno sfiga, perchè questo stato non si manifesta. Il che è in sostanza anche il mio caso. Vorrei dare di matto e non dovere avere la responsabilità di quanto mi appresto a fare. Ma forse non sarà possibile. L'autentica follia è altrettanto rara della genialità o dell'orecchio assoluto. Compirò un atto folle, ma lo compirò in piena consapevolezza.

(tratto dall'opera teatrale Storie di ordinaria follia, di Petr Zelenka)

27 agosto 2006

Croazia estate 2006


















Eccoci là...

...Io, Dan, Pier, Tad, Pizza, Pizzi, Fabio & Francesca + Special guests: Flavia & Giorgio (che fa la foto!) e Pozzetto & l'"Amica sua"...

...comunque sia andata è stato un successo!

23 luglio 2006

...cosa abbiamo imparato...

Riporto qui il mio commento ad un post sul blog My Way Of Life (tra i miei links come Coda's Blog) nel quale Daniele proponeva dei pensieri riguardo le piccole (poche) certezze della nostra vita, le cose più o meno importanti che abbiamo imparato...

"Anche io ho scoperto un sacco di cose, e leggendo ho pensato che probabilmente è proprio questo momento della vita, un po' per tutti noi, a darci mille spunti di riflessione. Mi ritrovo in tantissime delle cose che hai elencato, ma sono più ottimista di te, senza dubbio...forse sbagliando. Penso che le persone ti possano spesso sorprendere, nel bene e nel male. Che essere corretti fa bene di per sé, a prescindere da quanto ti venga riconosciuto. E poi ci sono un sacco di altre cose, magari banali, ma che uno spesso si dimentica. Anch'io penso che, soprattutto a questa età, si debba fare fare fare. Poi so che guardando il cielo mi sento in pace con me stesso, che molte volte faccio delle cose perchè piacciono agli altri ma non a me, che prosciutto crudo e mozzarella spaccherà sempre. Che il rapporto con mio fratello sta migliorando nel tempo, che non porterò mai orologi da polso, che, anche per me, troppe poche ragazze, che la timidezza è bellissima perchè nel momento in cui riesci a superarla ti senti un dio e non c'è droga che regga il paragone. Che la musica può cambiarti la vita, tutta. Che mi piace la birra ghiacciata, che non prenderò mai droghe pesanti, che mi piace troppo scrivere ma vorrei essere più ordinato e più metodico nel farlo. Che vorrei parlare di più, di cose importanti, aprirmi di più con le persone, che mi emoziono quando riesco a farlo. Che sono troppo contento del lavoro che voglio fare, e sono ottimista, anche in questo caso...io lo farò. Che ripensare alle persone che non vedo più da tanto mi aiuta ad esistere oggi, che bisogna cercare di non dimenticare mai come eravamo e cosa abbiamo fatto, che un gesto anche piccolo può fare breccia nel cuore degli altri, che le mie radici me le voglio tenere sempre strette, mi servono a cibarmi e a cibare le foglie nuove del mio albero. Che tante volte vorrei vivere in un bosco tutto l'anno, e stare con le persone a cui voglio bene tutto il giorno, per parlarci, discutere, litigare, fare la pace...e poi, ogni tanto, perdermi da solo nel bosco, e arrampicarmi sull'albero più alto per capire fino a dove sono arrivato.

Grazie Dan"

pubblicato su questo blog il 22/07

Grazie...

[...] - Se solo uno pensa alla necessaria solitudine... Le lunghe pause del dubbio... E quei momenti di felicità così gratuiti...
Sorriso sognante:
- O la felicità dell'alba, i giorni in cui l'idea ti fa saltar giù dal letto... Perché non è il gallo a svegliarti, né il camion della spazzatura... Non è neppure la prospettiva del premio o l'ambizione di lasciare una traccia... E' l'urgenza di quel piccolo tocco di scalpello a cui pensavi quando ti sei addormentato... quella pennellata di ocra rosso all'angolo destro della tua tela, lassù in cima... Ecco cosa ti fa saltar giù dal letto! Il suono inebriante di una nota, che cambierà tutto... un nonnulla in punta di penna, forse una virgola, una semplice virgola... una sfumatura essenziale... il minuscolo dell'opera... una cosa da niente... solo la necessità... Dio mio, la bellezza di quelle mattine necessarie, nella casa addormentata... [...]


Tratto da Grazie di Daniel Pennac (2004)

15 luglio 2006

IMPRESSIONANTE: il cervello



Sneocdo uno sdtiuo dlel'Untisverià di Cadmbrige, non irmptoa cmoe
snoo sctrite le plaroe, tutte le letetre posnsoo esesre al pstoo
sbgalaito, è ipmtortane sloo che la prmia e l'umltia letrtea saino
al ptoso gtsiuo, il rteso non ctona. Il cerlvelo è comquune semrpe
in gdrao di decraifre tttuo qtueso coas, pcheré non lgege ongi
silngoa ltetrea, ma lgeg.

24 giugno 2006

Appunti sul treno - ore 21.28

Tracce di "Il ragazzo-farfalla" o qualcosa di affine...



...

Sono stanco, sudato, mi sento sporco, e devo andare a cagare da circa tre ore (non mi sono ancora imbattuto in un bagno degno di questo nome!)... eppure sto benissimo. Sento le mie difese abbassate, i miei nervi pronti. Penso che in questo momento potrei affrontare qualsiasi tipo di situazione (forse anche una cena di gala). Sto bene perchè mi sento vivo, attivo, non ho niente da perdere. Chiedetemi pure di lanciare un urlo tra la folla alla stazione, non mi sentirò un "fuckin' loser" del cazzo, semmai il vincitore della sfida con me stesso. Non mi resta che fare un respiro profondissimo, che renda ciclopico il mio tronco esile, e sentirmi di nuovo nudo e avvinghiato alla terra. Solo così potrò sfruttare le ali colorate e sottili che mi sono spuntate una mattina sulla schiena. Solo così potrò volteggiare tra un polline e l'altro e respirare almeno qualche soffio di vita a pieni polmoni.

...

02 maggio 2006

Un pomeriggio di fine aprile





Improvvisamente si fa buio. La gatta, rannicchiata sul mio zaino in cima a una piccola montagna di scatole, ceste e scatoloni, si gira di scatto verso il cielo, fuori dalla finestra. E' arrivato il tuono, pochi istanti, e poi una pioggia dalle gocce rotonde e pesanti come biglie di vetro. Una musica rock accompagna le mie faccende di casa, e sembra quasi fare da accompagnamento al suono deciso ed avvolgente della pioggia che cade, fuori. Quando ho finito di rifare il letto e ho avviato il programma numero 2 della lavatrice, mi avvicino, come faccio spesso, alla finestra della mia camera da letto, e già attraverso la tenda chiusa noto un giallo quasi abbagliante che serpeggia sinuoso sul mattonato tra la casa e il giardino. Si tratta semplicemente del tubo dell'acqua per annaffiare le piante, giallo, che spicca come una cometa in cielo, in quanto, per non so quale motivo, riflette la luce giallognola che filtra da dietro le nubi. Credo che sarà un'altra di quelle piogge che lasciano ovunque uno strato sabbioso di rigini desertiche. Mi dico che, in fondo, ho fatto bene, il pomeriggio, a non farmi lavare la macchina; solo una pompata fuori dal cancello di casa.
Il disco molto-rock-ma-melodico-super va avanti; la gatta si è spostata, sicuramente in un altro dei suoi "luoghi morbidi" preferiti (si muove per casa oscllando teneramente una pancia piena di un numero indecifrabile di suoi diretti discendenti). E' ora di mettersi a studiare un po', anche se rimarrei sul letto a scrivere, pensare, ascoltare la musica per tutta la serata, anche perchè ho da poco rimesso il copriletto blu a righe che mi piace tanto. "Strano - penso - ho messo un copriletto leggero perchè da giorni ormai fa un caldo quasi estivo, e improvvisamente ritorna la pioggia (e magari il freddo, stai a vedere)".
Voglio non perderli mai questi momenti, voglio potermi permettere sempre uno spazio silenzioso in cui irrompere con la musica, i pensieri, le letture, affondando di tanto in tanto il naso nell'odore fresco e dolce delle coperte appena lavate.

26 aprile 2006

Come mi piace



Da qualche parte nel bosco di Arden...
JAQUES Bel ragazzo, ti prego, diventiamo più amici.
ROSALINDA Mi dicono che siete un tipo un po' depresso.
JAQUES E' così. Preferisco lo spleen alla risata.
ROSALINDA Sì, però chi eccede nell'uno e nell'altro lato, è gente detestabile. Si espone ogni momento agli appunti più squallidi, peggio degli ubriaconi.
JAQUES Ma no, no, triste è bello, e tenerselo in sé.
ROSALINDA Allora è bello pure essere un palo.
JAQUES Nota bene, io non ho la tristezza del dotto, che poi è invidia. Non ho quella del musicista, che è un po' roba da matti. Né quella del cortigiano, che è pura arroganza. Né del soldato, che è ambizione. Né del magistrato, che è una tristezza diplomatica. Né quella della signora, pura civetteria. E neanche quella dell'innamorato, che è un po' tutto assieme. La mia è una tristezza solo mia, composta di molti ingredienti estratti da molti dati, ed è per l'esattezza la somma delle riflessioni che ho fatto durante i miei viaggi, nei quali un ruminar ricorrente m'avvoltola in una molto stramba tristezza.
ROSALINDA Siete un viaggiatore! Sfido che avete titoli ad essere triste! Magari avete venduto le vostre terre per vedere quelle degli altri. E poi, chi molto vede e nulla stringe è come chi ha occhi ricchi e mani vuote.
JAQUES Beh, mi sono fatto un'esperienza.
da Come vi piace di W. Shakespeare (atto IV, scena I)

22 aprile 2006

Cerca di essere felice

Passa tranquillamente tra il rumore e la fretta, e ricorda quanta pace può esserci nel silenzio. Finché è possibile senza doverti abbassare, sii in buoni rapporti con tutte le persone. Di' la verità con calma e chiarezza; e ascolta gli altri, anche i noiosi e gli ignoranti; anche loro hanno una storia da raccontare. Evita le persone volgari ed aggressive; esse opprimono lo spirito. Se ti paragoni agli altri, corri il rischio di far crescere in te orgoglio e acredine, perché sempre ci saranno persone più in basso o più in alto di te. Gioisci dei tuoi risultati così come dei tuoi progetti. Conserva l'interesse per il tuo lavoro, per quanto umile; è ciò che realmente possiedi per cambiare le sorti del tempo. Sii prudente nei tuoi affari, perché il mondo è pieno di tranelli. Ma ciò non acciechi la tua capacità di distinguere la virtù; molte persone lottano per grandi ideali, e dovunque la vita è piena di eroismo. Sii te stesso. Soprattutto non fingere negli affetti e neppure sii cinico riguardo all'amore; poiché a dispetto di tutte le aridità e disillusioni esso è perenne come l'erba. Accetta benevolmente gli ammaestramenti che derivano dall'età, lasciando con un sorriso sereno le cose della giovinezza. Coltiva la forza dello spirito per difenderti contro l'improvvisa sfortuna. Ma non tormentarti con l'immaginazione. Molte paure nascono dalla stanchezza e dalla solitudine. Al di là di una disciplina morale, sii tranquillo con te stesso. Tu sei figlio dell'universo, non meno degli alberi e delle stelle; tu hai diritto ad essere qui. E che ti sia chiaro o no, non vi è dubbio che l'universo ti si stia schiudendo come dovrebbe. Perciò sii in pace con Dio, comunque tu Lo concepisca, e qualunque siano le tue lotte e le tue aspirazioni, conserva la pace con la tua anima pur nella rumorosa confusione della vita. Con tutti i suoi inganni, i lavori ingrati e i sogni infranti, è ancora un mondo stupendo. Fai attenzione. Cerca di essere felice.
TROVATA NELL'ANTICA CHIESA DI SAN PAOLO - BALTIMORA DATATA 1692 (traduzione di Enrico Orofino)

01 aprile 2006

Pensieri didascalici

Non vorrei essere un pensatore didascalico, ma non sapendo quanto è grande, mediamente, una coscienza, non riesco a farmi un'idea delle dimensioni della mia, e neanche del suo peso. Cerco di pensare alla cosa più semplice che associo mentalmente ad un dato concetto, e poi ne analizzo i vari aspetti, e spesso scopro che la mia mente ne sa molto più di me; non smette mai di sorprendermi, è preparatissima, nonostante io non mi sforzi particolarmente per allenarla o fornirle nuove risorse. Forse il mio compito è solo di farle spazio. Scommetto di essere stato didascalico, ma non posso farne a meno.
I pesci, nell'acquario, sono rossi? Si, certo. No, invece. Mi sforzerò di pensarli turchesi, con gli occhiali, grandi intenditori di vini, e appassionati dei romanzi di Dashill Hammet - che fino a tre giorni fa non sapevo neanche chi fosse.
Strappate pure i capelli ad un uomo, ma lui non penserà mai che quella sia una didascalia. E invece magari lo è. Bisognava punirlo; circuirlo, minacciarlo, umiliarlo. Ma in ogni caso è stato aggiunto un ingrediente specifico dell'uomo, come per i pesci rossi: l'IMMAGINAZIONE. Tanto i capelli, se è destino ricrescono, oppure cadono; e allora è meglio, più rapido, più scottante, immaginare tutto ciò, e poi... alzarsi e andare a pisciare. Perchè senza l'istinto ci saremmo rotti le palle migliaia di anni fa.
...Ma prima ho dovuto concludere un pensiero, questo, che so già che in linea di massima è condivisibile, oppure che io stesso domani, giudicherò didascalico. E' un loop.

23 marzo 2006

UN IMPIEGATO INNAMORATO

(Con aria imbarazzata) Ma cosa ridi? Non mi trovo affatto a mio agio, qui di fronte a te. O meglio, sto benissimo, ma non mi coinvolgi, non mi prendi. Non so perché, non te lo so spiegare. In questo momento da te voglio una cosa sola, e lo sai. Non me ne frega niente sinceramente che sei stufa dei ragazzi che pensano solo a quello, non è colpa mia. E poi non sarebbe certo la prima volta, anzi…Senti, non mi va di discutere qui in corridoio, ma cerco di venire incontro ai tuoi impegni…sprecando, tra l’altro, tutta la mia ora di pausa…
Insomma, tu sei sempre felice di vedermi, io invece provo nei tuoi confronti quasi un senso di indifferenza, e mi rendo conto di avere con te un atteggiamento freddo, anche se tu, carinamente, non me lo fai mai notare. Forse ti ho sottovalutato, forse mi conosci già così bene da sapere che sono fatto così, che mi distraggo e mi perdo nei miei pensieri assai di frequente. Se fosse così vorrebbe dire che sei davvero un genio e, soprattutto, la mia anima gemella. Oppure sei semplicemente stupida. Perdonami ma è il pensiero che mi passa più frequentemente nella testa mentre ti ho di fronte. Oramai ci frequentiamo tutti i giorni da quasi un mese, e ci vediamo quasi sempre alla stessa ora. Io sto imparando a conoscere le tue abitudini, e tu le mie. Perché ho l’impressione che con me tu abbia sempre lo stesso atteggiamento, a prescindere da quello che ci succede? Non ho ancora conosciuto un tuo stato d’animo diverso da quello che avevi quando ci siamo visti per la prima volta. Quando ci vediamo abbiamo sempre qualcuno intorno, non riusciamo mai ad avere un momento di maggiore intimità. Non mi permetti di guardarti dentro, di assaporare tutto di te; come pretendi che io mi apra nei tuoi confronti? Forse sono io a toccare i tasti sbagliati…o forse è proprio questo che vuoi. Probabilmente a te sta bene mantenere la situazione invariata, lasciare le cose come stanno.
Cosa c’è? Hai paura di perdere qualcosa di importante? Beh, lasciatelo dire: non so se sia giusto, ma tante altre, per fortuna, non hanno bisogno di pensarci su per così tanto tempo e non si fanno tutti questi scrupoli! Insomma, non mi sembra mica di chiedere la luna, cazzo! Non pretendo chissà quale dose di dolcezza, ma penso che nella tua posizione sia un gesto dovuto, da parte tua. E smettila di fissarmi con quello sguardo da ebete!
Senti, sarò forse brutale, e tu ci rimarrai male, ma ho capito che se non puoi o non vuoi darmi quello che cerco, qualunque sia il motivo, ti devo lasciare. E’ l’unica. Perdonami, sento di dovermi comportare in maniera risoluta, almeno in questa situazione. Per cui non prendertela, comunque andranno le cose. Magari continueremo a vederci, rimarremo “buoni amici”, come si usa dire in questi casi; continuerò a passarti davanti, anche tutti i giorni, e tu starai là a guardarmi, a ripensare ad un rapporto che è finito senza un vero perché… No, aspetta. Io lo so benissimo il perché. Tutto è cominciato quando ho toccato il tasto dolente. Tu dicevi che ti eri rotta…che bisognava attendere…che qualcosa si era inceppato…Beh, sai che c’è di nuovo? Sono io che mi sono rotto! Sei davvero una mentecatta, ecco quello che sei. La tua vita continuerà ad essere piatta ed emozionalmente deprimente per sempre, e non riuscirai a trascinarmi nel tuo mondo grigio e freddo. Mi sono davvero rotto le palle di aspettare, tra noi è tutto finito! Addio.
(Qualche istante più tardi, dopo essersi frugato nelle tasche) Ehi, un momento, aspetta…Non può finire così. Io devo riavere i miei soldi! Si, hai capito bene, i miei fottutissimi cinquanta centesimi. E smettila di lampeggiare, non ci crede più nessuno al numero verde dell’assistenza. Ridammi la mia monetina! Ridammi i miei soldi o sarò costretto a percuoterti! (Urlando) Assistenza! Assistenza!...Ho bisogno di aiuto! (Accasciandosi a terra) Non può finire così. Non può finire così ancora una volta… Preso in giro in questo modo! Da una stupida macchinetta del caffè…

Melanconia per personaggi cechoviani

Torno a casa dopo una giornata piena di lavoro. Il lavoro, che offre dignità all’essere umano. Il lavoro è andato bene, il lavoro è andato male, è lo stesso. C’è; e questo è ciò che mi permette di essere al massimo un po’ depresso, malinconico; niente di più grave, per fortuna. Che piova o che splenda il sole, arriva questo momento, nel quale, confesso, mi piace sguazzare; a volte addirittura cullarmi: è il mio universo solidale. Prendo posto accanto alla finestra, guardo di fuori, ascolto il silenzio, e vorrei solo una cosa dalla vita. Lì, in quel momento. Ma ogni volta che mi avvicino a capirla, a darle una forma, passa un treno. Sempre lo stesso, puntuale come mai lo sono i treni nella realtà. Mi resta addosso un senso di perdizione, mi tremano un po’ le gambe, e tutto quello che per qualche istante si era poggiato sulla punta della mia lingua, pronto ad uscire fuori forte e potente come un fiume, viene inspiegabilmente inghiottito. Allora mi siedo un istante, accenno qualche nota col violino, e finisco inevitabilmente per recarmi in cucina a mangiare qualcosa. Ho una voglia matta di fare cose nuove, anche se so già che non ne porterò a termine nessuna. E’ un perenne tentativo di costruire qualcosa, il mio; tutte le cose della mia vita sono fatte a pezzi, come le costruzioni; ma in ognuna mancano dei pezzi fondamentali, e nessuno riesce a vederlo, questo. Ma quali pezzi? Quali? Quando cerco di capirlo la paura di me stesso fa si che passi quel treno per distrarmi. Allora non mi resta altro da fare che andare alla ricerca di un sorriso, di uno sguardo che, empaticamente, mi riporti la passione dell’ottimismo.

18 marzo 2006

Haiku #2

Una rana mi guarda
allibita: sa benissimo cosa
sto pensando; ma io no.

Buoni propositi

Sto ascoltando i Kaiser Chiefs. Era da un po’ che non mi prendevo la licenza di starmene seduto al pc a scrivere, riflettere, con una musica di sottofondo scelta in modalità assolutamente RANDOM. E chi l’aveva mai sentita ‘sta canzone! “What did i ever give you”, molto Pink Floyd. Per fortuna dalla playlist di mio fratello esce sempre fuori un po’ di tutto, altrimenti sarei un perfetto ignorante riguardo alla musica. Ora ho scoperto un mio grande problema: non riesco mai a fare quello che voglio sentendomene pienamente padrone e a mio agio. Penso anche all’esempio più immediato. Ho deciso di stare seduto a scrivere e ascoltare musica, ma sono da qualche minuto seduto scomodissimo, e non faccio nulla per modificare la mia posizione. Inoltre vorrei avere uno spazio multimediale perfettamente funzionante e funzionale tutto per me, e invece ogni volta che prendo iniziativa per fare qualcosa di preciso (tipo vedere un film, scaricare delle foto, farmi un bel cd da ascoltare in macchina) sorgono i mille problemi del caso, e i miei buoni propositi svaniscono nel nulla. Sto approntando un riassettaggio momentaneo della postazione pc, in quanto le mie esigenze e quelle di mio fratello sono congenitamente incompatibili: lui è mancino, di conseguenza tutto è posizionato per essere comodo per lui (il mouse, la sedia, il mobiletto sotto alla scrivania, la luce ecc.) e, soprattutto devo starmene in camera sua. Per carità, mi ci trovo molto a mio agio, ma mi sento comunque “ospite”. Una noiosa canzone dei Block party mi obbliga a passare al pezzo successivo…Negramaro…mmm…staremo a sentire. Vorrei scrivere un racconto ispiratomi da varie persone che conosco miscelate tra loro. Per ora so che il protagonista della vicenda è un ragazzo, follemente innamorato, e che la vicenda si svolge in un piccolo centro di provincia, forse in Abbruzzo o in Umbria, o forse in un luogo indefinito e frutto esclusivo della mia fantasia. Passo e chiudo con il sottofondo dei Franz Ferdinand. Pappetta mentale.

11 marzo 2006

Considerazioni sul senso di colpa...

La voce si spezza; la palla di piombo appesa al cuore non permette slanci della psiche o del corpo: cerchiamo di sentirla più leggera, di un’altra forma, ma non serve. L’unica certezza è che più ci sforziamo di espellerla e più essa si agita all’impazzata dentro di noi. Vorremmo che ci schiacciasse i piedi, che ci colpisse dall’esterno, e invece lei è lì, grigia, silenziosa, che oscilla dentro di noi. Dobbiamo aspettare che il tempo la frantumi in mille pezzi, e poi attendere che questi pezzi escano pian piano da noi sotto forma di parole, gesti, azioni, pensieri…cacca, magari. Forse qualche pezzettino minuscolo e appena percettibile rimarrà incastrato come una scheggia in qualche angolo remoto di noi stessi, e se ne starà là, tranquillo, finché non andremo a cercarlo. Perché il senso di colpa è un nostro giudizio sulla nostra anima, e gli piace rimanere ben aggrappato al nostro corpicino che lo ospita, a volte anche quando la colpa, fuori, si è dileguata.

Considerazioni sul presentimento...

Il presentimento è un movimento istintivo del pensiero a metà tra conscio e inconscio.
E' come un sesto senso: una saetta che colpisce l'uomo-parafulmine nella sua mente, e prende il sopravvento sugli altri cinque sensi.
Alla base del presentimento c'è una speranza, un'idea rivelata che tende alla concretezza di un fatto.

05 marzo 2006

Haiku #1


Sul solco della
pioggia si posano i pensieri;
la vita rintocca.


Considerazioni sul vuoto...

Vuoto è lo spavento di un gradino che non c'è.
Non bianco, non nero, ma grigio.
Il vomito genera il vuoto, un muro abbattuto genera il vuoto.
Il vuoto è spazio: lo spazio tra le corde e il suono, lo spazio per fare una scelta.

19 febbraio 2006

In un sabato domenicale



E quando si assottiglierà
quello strato di polvere
che ricopre la memoria,
usciranno fuori tutti:
gli amici, gli amici del cuore, i nemici;
i maestri, gli insegnanti;
gli amori, i disamori;
le fortune, gli sgambetti della sorte,
le parole sciagurate, le illusioni,
il tè freddo, il tè caldo;
i parenti, i conoscenti, gli sconosciuti,
i giorni nei quali è rimasta
una piccola, sfuggente traccia di me.

12 febbraio 2006

Ho intravisto sedie volteggiare nell'aria

Ho intravisto sedie volteggiare nell'aria,
e per ognuna ho immaginato chi si alza e chi si siede,
chi ha ballato, cantato, suonato,
osato infrangere il muro del buio.
E ho capito, laconico, che se la libertà è partecipazione,
io voglio essere un petalo, e volteggiare...

29 gennaio 2006

La Notte Dei Cibi Viventi

Pubblico su questo blog un racconto breve umoristico che scrissi alla ormai lontana età di 15 anni, e che fu selezionato per un concorso letterario "gastrumoristico" di un certo riguardo (si chiamava CULINARIA RISOINTERRA, credo esista ancora); non vinse nessun premio, quindi non vi aspettate un bestseller, ma avevo comunque piacere a ritirarlo fuori dal cassetto...non si sa mai...
LA NOTTE DEI CIBI VIVENTI
Eh sì, mentre erano in corso i preparativi per quello che avrebbe dovuto essere il più grande ed elegante ricevimento degli ultimi dieci anni, qualcosa di molto importante stava per accadere nelle cucine. Mentre cuochi, camerieri e inservienti di ogni genere erano impegnati in mille faccende e correvano da una parte all’altra dell’ampia cucina come topi che fuggono dai loro nemici felini, i vari piatti, le varie portate e tutte le cibarie disponibili per la grande cena, si contendevano la propria posizione nel menu e facevano scommesse su quale sarebbe stato il piatto più gradito.
-Non voglio stare al quinto posto della pagina dei dolci! - esclamò Cioccolata Maria, già sbronza per le due cucchiaiate di brandy che le avevano mescolato. - E’ il posto che ti meriti - le rispose la Marchesa al cioccolato, che, nonostante fosse decaduta come nobildolce, conservava ancora il suo secondo posto.
Il menu (che non si è mai capito se si scrive con l’accento o meno), era anche un intreccio di culture e tradizioni culinarie. Vi si incontravano cibi di tutte le razze: quella sera una Coppa Nevada discuteva della guerra fredda con un Moscovita alla Crema e un Budino alla Diplomatica, e una Pizza Capricciosa piangeva perché non le avevano fatto fare il bagno Maria. Il tripudio generale tuttavia iniziò quando cominciarono ad essere servite le prime portate: i cavoli volevano stare a merenda, i piselli facevano proposte sconce alla farfalle che in realtà erano cotte di loro, un Salamino Piccante si faceva una pera.
Due vecchie befane chiesero un “bis” e il capocuoco se la dovette prendere con un aiutante quando dal forno tirò fuori un bis-cotto e un bis-crudo.
-Ci sono prima io! - continuava a sbraitare Cioccolata Maria.
Così intervenne l’Arte Culinaria per cercare di placare gli animi. Ma nessuno le diede retta. D’altronde, fin dal nido, chiunque l’aveva presa in giro per quel nome volgare che le avevano dato:
Culinaria. Qualcuno diceva che le avevano dato quel nome per via del parto al contrario: - Forse è uscita per i piedi - mormoravano in molti.
Ma lei non ci badava, e continuava: - Il menu è ricco, c’è posto per tutti -.
C’era un pesce che stava sempre appiccicato a tutti: - Un giorno - gli dicevano - dalle tue viscere estrapoleranno la colla - e non avevano poi tutti i torti.
- Tocca ai Nasi Goren - si sentì urlare alle 21,13 ora locale - ma assicuratevi che siano soffiati -.
Quando venne il momento della degustazione dei risotti, la tensione cominciò ad aumentare perché nessuno dei convocati si era ancora presentato. Una Rosetta si offrì per sostituirli, ma le venne immediatamente impedito dalla Crema Frangipane, ben appostata dentro una bacinella da insalata.
Ad un tratto si presentò uno in un pacco. - Chi sei? - gli domandò Frangipane insospettita. - So’ Riso, un risotto a sorpresa. - In che senso a sorpresa?- domandò un panino che stava facendo il “Filone” ad una pagnotta in ciabatte. - Nel senso che mi possono cucinare in moltissimi modi. Ma quello che preferisco è il risotto Felicità, so’ Riso de nome e de fatto -.
- Non possiamo rischiare di mandare tutto a pizza e fichi! - esclamò annoiata Culinaria. - Se fallisce?-. - Potremmo mandare Mozzarella - disse qualcuno. E dalle retrovie si udì: - Ma chi se la fila! -. Allora Mozzarella, che aveva sentito tutto, si incazzò come una bufala e se la prese con due patate: - Io vi riduco in crocchette! - sbraitò indignata. Il Pollo Arrosto prese subito le loro difese: - Ora vi prendo a botte. Come le preferite di coscia o di ala? -.
Non stiamo a raccontare come finì quell’episodio. Intanto, in un altro angolo della cucina, un cameriere chiese un’insalata con-dita, e aggiunse: - Ma assicuratevi che si sia tagliata le unghie! -.
-Ma-Scarpone lo devo usare? - domandò un cuoco tutto agitato. - No, ce lo teniamo for-Maggio - rispose un cuoco inglese.
Poi entrò una giovane modella che, tutta sulle sue, protestò a lungo col capocuoco perché sosteneva che le Bavette alla pirata le erano colate addosso e che probabilmente non erano alla pirata, ma bensì alla cameriere. Un estremista di destra, razzista, un certo Biancomangiare, se la prese molto perché era stato servito Pane Integrale, un extracomunitario. - Non c’è più religione! Questi stranieri rubano il lavoro ai nostri filoni; rimetteteli nei forni! -.
Intanto in una scodella un gamberetto parlava del più e del meno con una pizza toscana: - Sai, io lavoro come esca - diceva - pratico la pesca, e tu? -, - Io fo’-caccia - gli rispose entusiasta il farinaceo.
La lite tra Cioccolata Maria e la Marchesa al cioccolato proseguiva e si faceva sempre più accesa. Maria era un tipo dolce, mentre la Marchesa era assai più amara, quasi fondente. - Basta, hai torta. Ora mettiamo te a bagno, Maria, al posto di quella Capricciosa! -.
Tra i cibi più agitati si fecero notare i funghi, in particolare i porcini che, rotolandosi nel fango, fecero una grande confusione.
I camerieri seguitavano a scorrazzare di qua e di là gridando frasi del tipo: - Di chi è questo Pinot? -, - E’ di Pino! -; oppure - Serve un paté, un paté-ma d’animo! -; o anche - Questo liquore è vecchio. E’ da così tanto tempo che è rinchiuso in quella cantina, che è diventato “etichetta nera” -. E poi: - - Mi occorre dell’aceto, non dell’acetone! -.
Qualcun altro, sotto l’effetto di qualche calmante con notevoli e catastrofici effetti collaterali, sbiascicava: - Dove avete posato le posate? - Le posate? - No, io no! - Che posate? - I coltelli -Dove? - Non ne ho la più pallida idea - E la più abbronzata? - Ma forse qualcuno era solo sbronzo. Alcuni camerieri, per sbaglio, si erano versati qualche bicchiere di troppo per sé. Ma d’altronde come si poteva biasimarli? Entrarono tutti così nel pallone quella sera, che a qualcuno sarebbe piaciuto spiccare il volo come una mongolfiera.
La cena andò avanti fino alle 23,30 , poi tornò indietro alle 22,15 quando si ricordò di aver lasciato là il portafogli.
La lite tra la Marchesa e Maria si era placata. Ora che tutto era finito si godevano i loro momenti di pace.
Tra i superstiti e gli avanzi, qualcuno troppo lento a scendere dalla lunga tavola apparecchiata, venne gettato come uno scarto in qualche secchio dell’immondizia. D’altra parte questa è la sorte di molti cibi non consumati che non raggiungono la tanto ambita pace interiore dello stomaco di qualche vecchia grassona che possa conservarli a lungo dentro di sé. Un’altra cena era passata.
Ma come in ogni racconto che si rispetti, anche breve, non può mancare un bel lieto fine. Infatti, sempre per rimanere in tema gastrumoristico, non mi rimane altro da fare se non annunciare che, come molti già sapranno, il cacio si sposò con i maccheroni ed il prosciutto con il melone.

28 gennaio 2006

Mama Nonmama

Vedo stelle soltanto se l'oroscopo è gentile
ma mi sembra sera buona per comprare fiori da cortile.
Gioco a mama nonmama, non sono di compagnia,
chiedo alla nuova luna la luce per guardare il buio con fantasia.
Dove corre la gente nella bocca del destino
regalando la sua mente al potere più vicino...

Non so dove sto andando
ma so che ci sto andando
cammino contromano
cieco e sordo al richiamo
della voce del padrone,
della pubblica opinione.
Non so dove sto andando
ma so che ci sto andando
ma so che ci sto andando.

La mia pelle soltanto nelle braccia di un amore
mai sbiadita in una divisa o in un campo a fare il girasole.
Fermati viso bianco la storia ricorderà
la mano che semina il grano, non quella dell' avidità.

Non so dove sto andando
ma so che ci sto andando
cammino contromano
cieco e sordo al richiamo
delle facili occasioni,
delle pene, dei perdoni.
Non so dove sto andando
ma so che ci sto andando
non so dove sto andando
ma so che ci sto andando
ma so che ci sto andando.



Bandabardò, dall'album Tre passi avanti, 2004

Proverbio nigeriano

Non camminare davanti a me, potrei non seguirti.
Non camminare dietro a me, potrei non guidarti.
Cammina di fianco a me e sii mio amico.

Un amico è qualcuno che conosce la melodia del tuo cuore
e te la canta quando tu ti sei dimenticato le parole.

Lezioni d'inglese/English lessons



Per i principianti:
For beginners

"Tre streghe guardano 3 orologi Swatch. Quale strega guarda quale orologio swatch?"

Ed ora ripetete ad alta voce la traduzione in Inglese
Try to say :
"Three witches watch three Swatch watches. Which witch watch which Swatch watch?"

Per gli esperti:
For experts

"Tre streghe svedesi e transessuali guardano i pulsanti di 3 orologi svizzeri Swatch. Quale strega (svedese e transessuale) guarda qualepulsante di quale orologio svizzero Swatch?"

Ed in Inglese (sempre ad alta voce) :
Now try to say:
"Three Swedish switched witches watch three Swiss Swatch watch switches. Which Swedish switched witch watch which Swiss Swatch watch Switch?"


Adesso potete pulire lo schermo del vostro computer...
Now you can clean your pc's screen...

23 gennaio 2006

Super Pollo: cos'è?



Cercando in giro per il web saltano fuori diverse esperienze di Super Polli...queste (un sito e un blog) sono solo esempi delle infinite e incommensurabili forze occulte del Super Pollo...

http://dominionrd.blogspot.com/2005/01/super-pollo.html

www.superpollo.cl

CL=???

Super Pollo è nei menù, nei fumetti, nella cronaca, nell'industria polliera (nell'allevamento)...e dove meno ve lo aspettate...!

18 gennaio 2006

Chagall...


Chagall… è un nome che suona strano, ma forse qualcuno lo ha già sentito. Marc Chagall, autentico ebreo (bielo)russo è stato uno dei più grandi pittori del secolo scorso, il secolo dei vostri genitori, nonni, bisnonni. È vissuto quasi cento anni (dal 1887 al 1985)!!!, dipingendo sempre in modo strano e originale, allegro e divertente, affermandosi come uno degli artisti di maggior rilievo del Surrealismo.


"E quali che fossero le tragiche intonazioni che risuonassero nell’arte di Marc Chagall, lui conservò, sempre, la profonda convinzione che il mondo, alle origini, fosse splendido e buono nei confronti dell’uomo". (Julia Stepanez)


(Nell'immagine: La passeggiata, dipinto ad olio su tela di cm 170 x 163,2 realizzato dal pittore tra il 1917 ed il 1918. È conservato al Museo di Stato Russo di San Pietroburgo.
Il soggetto è un'inverosimile passeggiata romantica dei due innamorati - Chagall e la moglie - nel verde delle campagne fuori Vitebsk, durante un picnic).

L'amore per Dino

Sei il mio amato, Dino
ti ho sempre tra i pensieri, ricorDino

Amo le tue dolci mani, contaDino
bramo le tue lisce superfici, comoDino

Tu soddisfi a pieno la mia sete, lavanDino
sei l'immagine bucolica della mia vita, giarDino

Ma la mia poesia, lo sai, è piu' bella...RiccarDino!



Elisa

14 gennaio 2006

Amore e odio


Bisognerebbe cercare di amare cinque cose alla volta, a rotazione, e lo stesso vale per le cose che odiamo: non più di cinque alla volta. Mi sembra una cifra ragionevole; né troppe da farti perdere l’attenzione su ogni singola cosa, né troppe poche da farti annoiare e pensare che la vita ti riserva poche sorprese.








(Testo: Riccardo Sinibaldi, immagin-art: Andrea Cioffi)

Ettore e Andromaca


Giorgio De Chirico

La cosa più ingiusta della vita

La cosa piu' ingiusta della vita è come finisce.
Voglio dire: la vita è dura e impiega la maggior parte del
nostro tempo... Cosa ottieni alla fine? La morte. Che significa!
Che cos'è la morte? Una specie di bonus per aver vissuto?
Credo che il ciclo vitale dovrebbe essere del tutto rovesciato.
Bisognerebbe iniziare morendo, così ci si leva subito il pensiero.
Poi, in un ospizio dal quale si viene buttati fuori perchè troppo giovani.
Ti danno una gratifica e quindi cominci a lavorare per quarant'anni,
fino a che sarai sufficientemente giovane per goderti la pensione.
Seguono, feste, alcool, erba ed il liceo.
Finalmente cominciano le elementari, diventi bambino,
giochi e non hai responsabilità.
Diventi un neonato, ritorni nel ventre di tua madre,
passi i tuoi ultimi nove mesi galleggiando,
e finisci il tutto con un bell'orgasmo!


Woody Allen

Pensieri volatili

Chi non ha mai pensato alla caducità dell’emozione del tatto,
la pelle di una giovane,
Chi non si stupisce della fresca trasparenza della vista,
ove la luce si fonde con l’aria,
Chi nell’aria non può distinguere la verità di legno e polvere,
il teatro ed il caffè tostato
Chi non ha mai scorto la strada del suono,
la musica dal nulla della quiete corre vibrando tutt’intorno
Chi non ha mai sentito il sapore,
la ciliegia e la ghianda
Chi racconta una storia,
dietro la tenda, pensieri volatili.

12 gennaio 2006

L'amore per Gina

Sei la mia amata, Gina
Tu regni sul mio cuore pieno di passione, reGina
Amo i tuoi dolci baci, peruGina
Anelo le tue preziose cure, novalGina
Tu cancelli ogni macchia dalla mia coscienza, candegGina
Sei il coronamento della mia vita a forma di torta, cilieGina
Ma tra noi l'amore, lo sai, è impossibile...cuGina!

BENVENUTI

Questo è il coraggioso esperimento di un blog per raccontare ad una macchina, come può esserlo un pc, cosa frulla nella testa di Riccardo (alias Super Pollo), giovane di 23 anni affetto da sindrome di umanità.

Benvenuti a bordo