01 dicembre 2008

12

(67) 20.6.1931

Questa è una giornata nella quale mi pesa, come un ingresso in carcere, la monotonia di tutto. Ma la monotonia di tutto non è altro che la monotonia di me stesso. Ciascun volto, anche lo stesso che abbiamo visto ieri, oggi è un altro, perché oggi non è ieri. Ogni giorno è il giorno che è, e non ce n'è mai stato un altro uguale al mondo. L'identità è solo nella nostra anima (l'identità sentita con se stessa, anche se falsa), attraverso la quale tutto si somiglia e si semplifica. Il mondo è cose staccate e spigoli distinti; ma se siamo miopi, esso è una nebbia insufficiente e continua.

Il mio desiderio è fuggire. Fuggire da ciò che conosco, fuggire da ciò che è mio, fuggire da ciò che amo. Desidero partire: non verso le Indie impossibili o verso le grandi isole a sud di tutto, ma verso un luogo qualsiasi, villaggio o eremo, che possegga la virtù di non essere questo luogo. Non voglio più vedere questi volti, queste abitudini e questi giorni. Voglio riposarmi, da estraneo, dalla mia organica simulazione. Voglio sentire il sonno che arriva come vita e non come riposo. Una capanna in riva al mare, perfino una grotta sul fianco rugoso di una montagna, mi può dare questo. Purtroppo soltanto la mia volontà non me lo può dare.

[…]

da Il libro dell'inquietudine di Fernando Pessoa, ed. Feltrinelli

08 novembre 2008

Dai «cinesi bolliti» alle corna. Le battute di Silvio l'Incompreso

La gag su Rasmussen, Veronica e Cacciari. I finlandesi indignati per la leader «sedotta»

Convinto che grazie a lui l'Italia sia «il Paese più simpatico del mondo», Silvio Berlusconi si è lanciato ieri in una delle battute che lo fanno ridere assai. E nella scia dell'astuta diplomazia internazionale di due ministri come Umberto Bossi e Roberto Calderoli che da anni chiamano i neri «bingo bongo», ha ieri salutato Barack Obama come uno «che è anche bello, giovane e abbronzato».

Come prenderà la cosa il prossimo presidente americano, al quale il nostro premier si era già offerto di «dare consigli» come usavano i barbieri col «ragazzo spazzola» non si sa. È da quando era piccolo che come tutti i neri sente spiritosaggini del genere: «cioccolato», «carboncino», «palla di neve»... Non ci avesse fatto il callo non sarebbe arrivato alla Casa Bianca. Certo, se il Cavaliere voleva «sdrammatizzare» il primo commento del «suo» capogruppo al Senato Maurizio Gasparri dopo l'elezione («Al Qaeda sarà contenta») non poteva scegliere parole più eccentriche. Fatti i conti col contesto internazionale, è probabile che Obama farà spallucce: boh, stupidaggini all'italiana. Da prendere così, come le barzellette da rappresentanti di aspirapolvere sui lager, i malati di Aids, i froci... L'importante è non prendere sul serio chi le racconta. Esattamente quello che hanno fatto, in questi anni, molti dei protagonisti della scena mondiale. Spesso spiazzati dalle sortite di un uomo che secondo Giuliano Ferrara è «un'opera pop».

Nessuno è mai stato stato così contento di se stesso e così spesso «incompreso» sulla scena mondiale. Basti ricordare quando disse al parlamento europeo che avrebbe proposto a un amico che girava un film sui lager nazisti di dare al socialista Martin Schulz la parte del kapò. Gelo in aula. Interrotto dopo lo stupore da urla d'indignazione. E lui: «Era solo una battuta per cui è scoppiato a ridere l'intero Parlamento. Un'osservazione di venti secondi poiché volevo allentare l'atmosfera... La vicenda è stata enormemente gonfiata dalla sinistra». In realtà, spiegò, «in Italia tengono banco da decenni storielle sull'Olocausto. Gli italiani sanno scherzare sulle tragedie per superarle...». E a quel punto si incazzarono ancora di più gli ebrei. Che difficile, farsi capire... Non lo capirono i ministri degli Esteri europei quando a una riunione a Caceres fece le corna a un collega durante la foto ufficiale: «Volevo far ridere un simpatico gruppo di giovani boy-scout». Non lo capirono i giornalisti russi il giorno che, già ustionati dal numero di cronisti assassinati a Mosca, restarono basiti per il modo in cui reagì alla domanda di una giovane reporter che aveva osato chiedere a Putin se avesse una relazione con una gentile signorina: fece finta di imbracciare un mitra e di dare una sventagliata. Non lo capì il danese Rasmussen quando spiegò che «è anche il primo ministro più bello d'Europa... Penso di presentarlo a mia moglie, perché è molto più bello di Cacciari... Secondo quello che si dice in giro... Povera donna».

E poi non lo capì il giornalista del Times: «Nel bel mezzo del discorso di Chirac in Canada, Berlusconi si è alzato e ha cominciato a distribuire orologi agli altri leader, con un delizioso sprezzo politico». Non lo capirono i palestinesi quando ammiccò: «Arafat mi ha chiesto di dargli una tivù per la striscia di Gaza, gli manderò "Striscia la notizia"». E non lo capì il cronista del giornale russo Kommersant durante la visita di Berlusconi e Putin allo stabilimento Merloni di Lipetsk: «Il premier italiano era particolarmente attivo ed era chiaro che aveva un obiettivo: non sarebbe stato contento se non fosse riuscito ad avvicinarsi ad un gruppo di operaie. Poi rivolto a Putin: "Voglio baciare la lavoratrice più brava e più bella". Aveva già individuato la sua vittima. Si è avvicinato a una donna grande come la Sardegna e con tutto il corpo ha fatto il gesto tipico dei teppisti negli androni bui dei cortili, quando importunano una ragazza che rincasa. Lei s'è scansata ma il signor Berlusconi in passato deve aver fatto esperienza con donne anche più rapide di questa: con due salti ha raggiunto la ragazza e ha iniziato spudoratamente a baciarla in faccia».

Che male c'è? È estroso. Macché: non lo capiscono. Come quella volta che spiegò: «Mi accusano di aver detto che i comunisti mangiano i bambini: leggetevi il libro nero del comunismo e scoprirete che nella Cina di Mao i comunisti non mangiavano i bambini, ma li bollivano per concimare i campi». Non l'avesse mai fatto! Immediato comunicato del ministero degli Esteri cinese: «Siamo contrariati da queste affermazioni infondate. Le parole e le azioni dei leader italiani dovrebbero favorire la stabilità e lo sviluppo di relazioni amichevoli tra la Cina e l'Italia». Uffa, era una battuta... Sul cibo, poi... «Rimpasto? No, grazie, non mi occupo di paste alimentari... Poi, dopo la visita in Arabia Saudita, mangio solo riso in bianco...». E si indispettirono i sauditi. Uffa, che permalosi... Il massimo lo diede sulla sede dell'agenzia alimentare europea che rischiava di finire a Helsinki: «Parma sì che è sinonimo di buona cucina, mentre i finlandesi non sanno nemmeno cos'è il prosciutto. Come si può pensare di collocare questa agenzia in un Paese che forse va molto fiero della renna marinata o del pesce baltico con polenta? Per portare l'Agenzia a Parma ho rispolverato le mie doti di playboy con la presidente finlandese Tarja Halonen». Ed ecco l'incidente diplomatico. Con tanto di protesta ufficiale e convocazione dell'ambasciatore italiano: come si permetteva? Immediata rappresaglia delle associazioni dei produttori finlandesi: «Non compreremo più vini e oli italiani». E lui: «Ho fatto solo una battuta di galanteria. C'è una mancanza di sense of humour...». In fondo si tratta di strategia internazionale. «Cazzeggio strategy», diciamo. Mica le capisce, certe reazioni. Lui, quando a un vertice è saltata fuori la storia che è bassotto mica se l'è presa. Si è tolto una scarpa, l'ha messa sul tavolo e l'ha mostrata a tutti: «Visto? Non ce li ho i tacchi alti. È che mi dipingono così».

Gian Antonio Stella

07 novembre 2008

Verità sacrosante

"Mio padre ha fatto la resistenza, io sono passato attraverso le dure lotte degli anni Cinquanta e Sessanta, dalla legge truffa a Tambroni, quando preti e carabinieri decidevano se potevi lavorare o se dovevi restare un disoccupato. Sono cresciuto in mezzo agli scandali, alle stragi, ai tentativi di golpe e i rumori del Sessantotto. Poi ho ingoiato il terrorismo, quello vero e quello dei servizi segreti. Mi hanno costretto ad avere simpatia per Moro, che fino a quelle pallotole non mi sembrava molto meglio dei suoi amici. Mi sono passati davanti ministri e banchieri ammanettati. Ho visto partire per il terzo mondo camion della Croce Rossa Italiana carichi di profilattici bucati e latte andato a male. Per un bel po' di tempo la televisione m'ha obbligato ad avere ospite in casa il venerabile Gelli, le buonanime del dottor Calvi e del dottor Sindona: tutti masnadieri. Ho respirato i polvericci delle bancarotte, e per mezzo secolo il fumo delle macchine di Agnelli. Oggi non m'affaccio più alla finestra. E' l'era dei drogati e in questa forse finirò la mia vita. [...] Attenzione a non sparare fesserie. Non dimenticatevi troppo presto che solo fino a pochi anni fa andavate a cacare nel cortile e vi lavavate coi secchi dell'acqua fredda. Non dimenticatevi che bastava un ascesso per andare all'altro mondo. Non dimenticatevi che mangiavate pane e cipolla e vi facevate il caffè con la cicoria. [...] Ma quale Paradiso! Prova a pensare invece cosa potrebbe essere questa Italia senza drogati, senza mafia, senza corruzione, con gli ospedali che funzionano, le scuole che funzionano, le ferrovie che funzionano. Pensa a un'Italia col Tevere pulito, col mare pulito, con tutti gli spazi verdi che la speculazione edilizia selvaggia ha cancellato e deturpato. Prova a pensare che cosa poteva essere di bello la Sicilia senza quegli orrori che sono stati costruiti lungo tutta la costa. E Roma, guardala, vai qua, appena fuori delle mura: c'è un accerchiamento di palazzoni immondi che non finisce mai, in mezzo alla sporcizia e sotto l'incubo mortale della droga."
Chi poteva dare torto a Osvaldo. Quelle erano verità sacrosante, tangibili, viventi sotto i loro occhi. L'unica cosa che restava da fare era finire il bicchiere e andarsene a letto come tutte le sere.

Tratto dal racconto Il socialista contenuto nella raccolta di racconti L'ipocrita, di Vincenzo Cerami, Oscar Mondadori, 1991

04 novembre 2008

Una tranquilla mattinata a Piazza Navona

Sta succedendo qualcosa di inquietante in questo periodo; aldilà delle polemiche inerenti agli argomenti specifici (in questo caso il cosiddetto "decreto Gelmini"), il comportamento delle istituzioni e del governo in particolare è davvero preoccupante, e puzza di una storia che questo Paese ha già scontato ma che forse troppo spesso ci si dimentica.
Qualche giorno fa...
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''Vorrei dare un avviso ai naviganti, molto semplice: non permetteremo che vengano occupate scuole ed universita'. Perche' l'occupazione di posti pubblici non e' una dimostrazione, un'applicazione di liberta', non e' un fatto di democrazia e' una violenza nei confronti degli altri studenti, nei confronti delle famiglie, nei confronti delle istituzioni, nei confronti dello Stato. Convochero' oggi il ministro degli Interni e daro' a lui istruzioni dettagliate su come intervenire attraverso le forze dell'ordine per evitare che questo possa accadere''

Silvio Berlusconi
Conferenza stampa del 22-10-2008


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'Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand'ero ministro dell'Interno. In primo luogo, lasciare perdere gli studenti dei licei, perchè pensi a cosa succederebbe se un ragazzino rimanesse ucciso o gravemente ferito... Lasciarli fare (gli universitari, ndr). Ritirare le forze di Polizia dalle strade e dalle Università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città. Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di Polizia e Carabinieri. Nel senso che le forze dell'ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano. Soprattutto i docenti. Non dico quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì... questa è la ricetta democratica: spegnere la fiamma prima che divampi l'incendio'.

Francesco Cossiga
Intervista sul Quotidiano Nazionale del 23-10-2008


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Un camion carico di spranghe e in piazza Navona è stato il caos
La rabbia di una prof: quelli picchiavano e gli agenti zitti
Aveva l'aria di una mattina tranquilla nel centro di Roma. Nulla a che vedere con gli anni Settanta. Negozi aperti, comitive di turisti, il mercatino di Campo dè Fiori colmo di gente. Certo, c'era la manifestazione degli studenti a bloccare il traffico. 'Ma ormai siamo abituati, va avanti da due settimane' sospira un vigile. Alle 11 si sentono le urla, in pochi minuti un'onda di ragazzini in fuga da Piazza Navona invade le bancarelle di Campo dè Fiori. Sono piccoli, quattordici anni al massimo, spaventati, paonazzi. Davanti al Senato è partita la prima carica degli studenti di destra. Sono arrivati con un camion carico di spranghe e bastoni, misteriosamente ignorato dai cordoni di polizia. Si sono messi alla testa del corteo, menando cinghiate e bastonate intorno. Circondano un ragazzino di tredici o quattordici anni e lo riempiono di mazzate. La polizia, a due passi, non si muove. Sono una sessantina, hanno caschi e passamontagna, lunghi e grossi bastoni, spesso manici di picconi, ricoperti di adesivo nero e avvolti nei tricolori. Urlano 'Duce, duce'. 'La scuola è bonificata'. Dicono di essere studenti del Blocco Studentesco, un piccolo movimento di destra. Hanno fra i venti e i trent'anni, ma quello che ha l'aria di essere il capo è uno sulla quarantina, con un berretto da baseball. Sono ben organizzati, da gruppo paramilitare, attaccano a ondate. Un'altra carica colpisce un gruppo di liceali del Virgilio, del liceo artistico De Chirico e dell'università di Roma Tre. Un ragazzino di un istituto tecnico, Alessandro, viene colpito alla testa, cade e gli tirano calci. 'Basta, basta, andiamo dalla polizia!' dicono le professoresse.
Seguo il drappello che si dirige davanti al Senato e incontra il funzionario capo. 'Non potete stare fermi mentre picchiano i miei studenti!' protesta una signora coi capelli bianchi. Una studentessa alza la voce: 'E ditelo che li proteggete, che volete gli scontri!'. Il funzionario urla: 'Impara l'educazione, bambina!'. La professoressa incalza: 'Fate il vostro mestiere, fermate i violenti'. Risposta del funzionario: 'Ma quelli che fanno violenza sono quelli di sinistra'. C'è un'insurrezione del drappello: 'Di sinistra? Con le svastiche?'. La professoressa coi capelli bianchi esibisce un grande crocifisso che porta al collo: 'Io sono cattolica. Insegno da 32 anni e non ho mai visto un'azione di violenza da parte dei miei studenti. C'è gente con le spranghe che picchia ragazzi indifesi. Che c'entra se sono di destra o di sinistra? È un reato e voi dovete intervenire'. Il funzionario nel frattempo ha adocchiato una telecamera e il taccuino: 'Io non ho mai detto: quelli sono di sinistra'. Monica, studentessa di Roma Tre: 'Ma l'hanno appena sentito tutti! Chi crede d'essere, Berlusconi?'. 'Lo vede come rispondono?' mi dice Laura, di Economia. 'Vogliono fare passare l'equazione studenti uguali facinorosi di sinistra'. La professoressa si chiama Rosa Raciti, insegna al liceo artistico De Chirico, è angosciata: 'Mi sento responsabile. Non volevo venire, poi gli studenti mi hanno chiesto di accompagnarli. Massì, ho detto scherzando, che voi non sapete nemmeno dov'è il Senato. Mi sembravano una buona cosa, finalmente parlano di problemi seri. Molti non erano mai stati in una manifestazione, mi sembrava un battesimo civile. Altro che civile! Era stato un corteo allegro, pacifico, finché non sono arrivati quelli con i caschi e i bastoni. Sotto gli occhi della polizia. Una cosa da far vomitare. Dovete scriverlo. Anche se, dico la verità, se non l'avessi visto, ma soltanto letto sul giornale, non ci avrei mai creduto'. Alle undici e tre quarti partono altre urla davanti al Senato. Sta uscendo Francesco Cossiga. 'È contento, eh?' gli urla in faccia un anziano professore. Lunedì scorso, il presidente emerito aveva dato la linea, in un intervista al Quotidiano Nazionale: 'Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand'ero ministro dell'Interno (...) Infiltrare il movimento con agenti pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino le città. Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto della polizia. Le forze dell'ordine dovrebbero massacrare i manifestanti senza pietà e mandarli tutti all'ospedale. Picchiare a sangue, tutti, anche i docenti che li fomentano. Magari non gli anziani, ma le maestre ragazzine sì'. È quasi mezzogiorno, una ventina di caschi neri rimane isolata dagli altri, negli scontri. Per riunirsi ai camerati compie un'azione singolare, esce dal lato di piazza Navona, attraversa bastoni alla mano il cordone di polizia, indisturbato, e rientra in piazza da via Agonale. Decido di seguirli ma vengo fermato da un poliziotto. 'Lei dove va?'. Realizzo di essere sprovvisto di spranga, quindi sospetto. Mentre controlla il tesserino da giornalista, osservo che sono appena passati in venti. La battuta del poliziotto è memorabile: 'Non li abbiamo notati'. Dal gruppo dei funzionari parte un segnale. Un poliziotto fa a un altro: 'Arrivano quei pezzi di merda di comunisti!'. L'altro risponde: 'Allora si va in piazza a proteggere i nostri?'. 'Sì, ma non subito'. Passa il vice questore: 'Poche chiacchiere, giù le visiere!'. Calano le visiere e aspettano. Cinque minuti. Cinque minuti in cui in piazza accade il finimondo. Un gruppo di quattrocento di sinistra, misto di studenti della Sapienza e gente dei centri sociali, irrompe in piazza Navona e si dirige contro il manipolo di Blocco Studentesco, concentrato in fondo alla piazza. Nel percorso prendono le sedie e i tavolini dei bar, che abbassano le saracinesche, e li scagliano contro quelli di destra. Soltanto a questo punto, dopo cinque minuti di botte, e cinque minuti di scontri non sono pochi, s'affaccia la polizia. Fa cordone intorno ai sessanta di Blocco Studentesco, respinge l'assalto degli studenti di sinistra. Alla fine ferma una quindicina di neofascisti, che stavano riprendendo a sprangare i ragazzi a tiro. Un gruppo di studenti s'avvicina ai poliziotti per chiedere ragione dello strano comportamento. Hanno le braccia alzate, non hanno né caschi né bottiglie. Il primo studente, Stefano, uno dell'Onda di scienze politiche, viene colpito con una manganellata alla nuca (finirà in ospedale) e la pacifica protesta si ritrae. A mezzogiorno e mezzo sul campo di battaglia sono rimasti due ragazzini con la testa fra le mani, sporche di sangue, sedie sfasciate, un tavolino zoppo e un grande Pinocchio di legno senza più una gamba, preso dalla vetrina di un negozio di giocattoli e usato come arma. Duccio, uno studente di Fisica che ho conosciuto all'occupazione, s'aggira teso alla ricerca del fratello più piccolo. 'Mi sa che è finita, oggi è finita. E se non oggi, domani. Hai voglia a organizzare proteste pacifiche, a farti venire idee, le lezioni in piazza, le fiaccolate, i sit in da figli dei fiori. Hai voglia a rifiutare le strumentalizzazioni politiche, a voler ragionare sulle cose concrete. Da stasera ai telegiornali si parlerà soltanto degli incidenti, giorno dopo giorno passerà l'idea che comunque gli studenti vogliono il casino. È il metodo Cossiga. Ci stanno fottendo'.

Curzio Maltese
www.repubblica.it del 30-10-2008

09 ottobre 2008

Il governo salva Geronzi, Tanzi e Cragnotti?!


ROMA - Un'altra? Sì, un'altra. E per chi stavolta? Ma per Cesare Geronzi, il presidente di Mediobanca negli impicci giudiziari per via dei crac Parmalat e Cirio. La fabbrica permanente delle leggi ad personam, col marchio di fedeltà del governo Berlusconi, ne produce un'altra, infilata nelle pieghe della legge di conversione del decreto Alitalia. Non se ne accorge nessuno, dell'opposizione s'intende, quando il 2 ottobre passa al Senato. Eppure, come già si scrivono i magistrati nelle maling list, si tratta d'una "bomba atomica" destinata a far saltare per aria a ripetizione non solo i vecchi processi per bancarotta fraudolenta, ma a bloccare quelli futuri. Con un semplice, e in vero anche mal scritto, articolo 7bis che modifica la legge Marzano sui salvataggi delle grandi imprese e quella sul diritto fallimentare del 1942. L'emendamento dice che per essere perseguiti penalmente per una mala gestione aziendale è necessario che l'impresa si trovi in stato di fallimento. Se invece è guidata da un commissario, e magari va anche bene come nel caso della Parmalat, nessun pubblico ministero potrà mettere sotto processo chi ha determinato la crisi. Se finora lo stato d'insolvenza era equiparato all'amministrazione controllata e al fallimento, in futuro, se la legge dovesse passare com'è uscita dal Senato, non sarà più così. I cattivi manager, contro cui tutti tuonano, verranno salvati se l'impresa non sarà definitivamente fallita. Addio ai processi Parmalat e Cirio. In salvo Tanzi e Cragnotti. Salvacondotto per l'ex presidente di Capitalia Geronzi. Colpo di spugna anche per scandali di minore portata come quello di Giacomelli, della Eldo, di Postalmarket. Tutto grazie ad Alitalia e al decreto del 28 agosto fatto apposta per evitarne il fallimento. Firmato da Berlusconi, Tremonti, Scajola, Sacconi, Matteoli. Emendato dai due relatori al Senato, entrambi Pdl, Cicolani e Paravia. Pronto per essere discusso e approvato martedì prossimo dalla Camera senza che l'opposizione batta un colpo.

Ma ecco che una giornalista se ne accorge. È Milena Gabanelli, l'autrice di Report, la trasmissione d'inchieste in onda la domenica sera su Rai3. Lavora su Alitalia, ricostruisce dieci mesi di trattative, intervista con Giovanna Boursier il commissario Augusto Fantozzi, gli chiede se è riuscito a garantirsi "una manleva", un salvacondotto per eventuali inchieste giudiziarie. Lui risponde sicuro: "No, io non ho nessuna manleva". Ma quel 7bis dimostra il contrario. Report ascolta magistrati autorevoli, specializzati in inchieste economiche. Come Giuseppe Cascini, segretario dell'Anm e pm romano dei casi Ricucci, Coppola, Bnl. Il suo giudizio è senza scampo. Eccolo: "Se la norma verrà approvata non saranno più perseguibili i reati di bancarotta commessi da tutti i precedenti amministratori di Alitalia, ma neppure quelli compiuti da altri manager di società per cui c'è stata la dichiarazione d'insolvenza non seguita dal fallimento". Cascini cita i casi: "Per i crac Cirio e Parmalat c'è stata la dichiarazione d'insolvenza, ma senza il fallimento. Il risultato è l'abrogazione dei reati fallimentari commessi da Tanzi, Cagnotti, dai correi". Non basta. "Subito dovrà essere pronunciata sentenza di assoluzione perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato per tutti gli imputati, inclusi i rappresentanti delle banche". Siamo arrivati a Geronzi. Chiede la Gabanelli a Cascini: "Ma la norma vale anche per lui?". Lapidaria la risposta: "Ovviamente sì". Le toghe s'allarmano, i timori serpeggiano nelle mailing-list. Come in quella dei civilisti, Civil-net, dove Pasquale Liccardo scrive: "Ho letto la nuova Marzano. Aspetto notizie sulla nuova condizione di punibilità che inciderà non solo sui processi futuri ma anche su quelli in corso". Nessun dubbio sulla portata generale della norma. Per certo non riguarderà la sola Alitalia, ma tutte le imprese. Vediamolo questo 7bis, così titolato: "Applicabilità delle disposizioni penali della legge fallimentare". Stabilisce: "Le dichiarazioni dello stato di insolvenza sono equiparate alla dichiarazione di fallimento solo nell'ipotesi in cui intervenga una conversione dell'amministrazione straordinaria in fallimento, in corso o al termine della procedura, ovvero nell'ipotesi di accertata falsità dei documenti posti a base dell'ammissione alla procedura". La scrittura è cattiva, ma l'obiettivo chiaro: finora i manager delle grandi imprese finivano sotto processo per bancarotta a partire dalla sola dichiarazione d'insolvenza. Invece, se il 7bis passa, l'azione penale resterà sospesa fino a un futuro, e del tutto incerto, fallimento definitivo. Commentano le toghe: "Una moratoria sine die, un nuovo colpo di spugna, una mano di biacca sulle responsabilità dei grandi manager le cui imprese sono state salvate solo grazie alla mano pubblica". Con un assurdo plateale, come per Parmalat. S'interromperà solo perché il commissario Bondi evita il fallimento. Ma che la salva Geronzi sia costituzionale è tutto da vedere. Gli esperti già vedono violati il principio d'uguaglianza e quello di ragionevolezza. Il primo perché la norma determina un'evidente disparità di trattamento tra i poveri Cristi che non accedono alla Marzano, falliscono, e finiscono sotto processo, e i grandi amministratori. Il secondo perché l'esercizio dell'azione penale dipende solo dalla capacità del commissario di gestire l'azienda in crisi. Se la salva, salva pure l'ex amministratore; se fallisce, parte il processo. Vedremo se Berlusconi andrà avanti sfidando ancora la Consulta.

Liana Milella (tratto da la Repubblica)

05 ottobre 2008

A volte ritorno...

"Un testo anonimo della Tradizione afferma che, nel corso della propria esistenza, ogni essere umano può adottare due tipi di atteggiamenti: Costruire o Piantare.I costruttori possono dilungarsi per anni nei loro compiti, ma arriva un giorno in cui terminano la loro opera. A quel punto si fermano e il loro spazio risulta limitato dalle pareti che hanno eretto. Quando la costruzione é finita la vita perde di significato.Poi ci sono quelli che piantano: talvolta soffrono per le tempeste e le stagioni, e raramente si riposano.Ma al contrario di un edificio, il giardino non smette mai di svilupparsi. Esso richiede l'attenzione continua del giardiniere ma, nello stesso tempo, gli permette di vivere una grande avventura.I giardinieri sapranno sempre riconoscersi l'un l'altro, perché nella stora di ogni pianta c'é la crescita della Terra intera."

Tratto da Brida di Paulo Coelho

29 aprile 2008

Il mondo normale che vi auguro

Io mi auguro che l'Italia possa finalmente diventare un Paese normale, un Paese in cui sia abolita la doppiezza. Io sono dalla parte di Cesare Zavattini che diceva: "Con buongiorno, intendo buongiorno e basta".
Un Paese dove funzionino scuole e ospedali: entrare in corsia e vedere che c'è la scritta "Solventi", cioè quelli che pagano, e quelli che non pagano, mi pare poco bello.
Un Paese dove treni ed aerei arrivino in orario, perché la puntualità non è mica una prerogativa fascista. Con una politica normale, che (oltre a non ammettere l'intolleranza e la paura per l'altro) non contempli il trasformismo: vedere della gente che non cambia neanche gabbana perché ha già un corredino dove ci sono tutte le giacche che vanno di moda in quel momento è uno spettacolo da cancellare. Con un giornalismo che torni a consumare la suola delle scarpe, guidato da quel sentimento potente che è la curiosità, e dalle chiare tendenze ma sempre dalla buona fede e attento al lato umano.
Un Paese normale dove non si interpellino i divi della televisione per conoscere il loro parere su qualsiasi argomento, dalla solitudine dell'uomo all'allevamento dei canarini. E' normale un Paese dove non ci sia l'emergenza come a Napoli o in Sicilia, dove la paura "marca" persino le arterie (come mi hanno detto una volta i medici che effettuano le autopsie).
Un Paese normale è un Paese in cui l'unico punto di riferimento non è la geografia con i suoi confini, ma la legge uguale per tutti. "La rovina dell'Impero romano" scrisse inutilmente Ranuccio Bianchi Bandinelli "fu facilitata dal clientelismo amministrativo e dal caos delle leggi e non dalle orge del Satyricon". Ma chi studia la storia?
E' normale un Paese che aiuta quelli ai quali la natura e la politica hanno dato di meno. Un Paese normale è quello in cui gli aiuti non si danno per beneficenza, grazie alle collette per soccorrerechi è colpito dalle sciagure, ma si prevedono con il bilancio dello Stato, con voci apposite.
Un Paese normale è quello dal quale non emigrano più i giovani migliori perché non trovano un lavoro retribuito dignitosamente. E' quello in cui non c'è spazio per il grande tormento di oggi, che è l'apparire. Un'ossessione: chi non entra nello spettacolo ha la sensazione di essere escluso dalla vita.
Un Paese normale è quello in cui per stare a galla, per affermarsi, non bisogna più far parte del gruppo, avere il sostegno della corporazione.
Un Paese normale è quello in cui nessun bambino sia privo di cibo e cure. Ho incontrato in Romania i piccoli che vivono nelle fognature, come i topi, per sfruttare i tubi di riscaldamento.
Un Paese normale, un'Europa normale, un mondo normale, è quello in cuii i bambini finiscono le loro giornate in un lettino, con le lenzuola che profumano di pulito.

Inedito di Enzo Biagi, su Il venerdi di Repubblica numero 1049 del 25 aprile 2008

09 marzo 2008

nascerà qualcosa?!

Tutto sommato, tutto quello che facciamo, perché lo facciamo?

Grande confusione, idee appuntate (forse) su foglietti sparpagliati sul pavimento da un soffio di freddo tornato a bussare alla finestra. Questo Marzo marziale scandisce le atmosfere del rimescolarsi delle pulsioni vitali.
Poche persone, pochi nomi, qualche luogo, diversi ricordi e un po’ di speranza da buttare nel pentolone primaverile già bollente e mai sazio.

Cosa hai fatto negli ultimi dieci anni?



Un ciottolo alla volta per rendere visibile pian piano, sempre più forte, il percorso di una salita dall’inclinazione incerta. Guardare indietro fa venire i brividi, fa quasi ridere.

Tra i desideri dominanti: gettare secchiate di colore su una grande parete bianca o nera, distanze brevi, calde mani strette/strette di mani, black code, capelli vari ed eventuali, nitida empatia, sollazzo, illuminazioni creative multiformi, alzare di nuovo in aria il nano da giardino...()






C’è del marcio in Danimarca!!!

17 febbraio 2008

Pensiero profondo n° 1

Sogni le stelle
nella boccia dei pesci
rossi finisci




Eppure non è così difficile da capire. Il problema è che i bambini credono ai discorsi dei grandi e, una volta grandi, si vendicano ingannando a loro volta i figli. "La vita ha un senso e sono gli adulti a custodirlo" è la bugia universale cui tutti sono costretti a credere. Da adulti, quando capiamo che non è vero, ormai è troppo tardi. Il mistero rimane, ma tutta l'energia disponibile è andata da tempo sprecata in stupide attività. Non resta che cercare di anestetizzarsi, nascondendo il fatto che non riusciamo a dare un senso alla nostra vita e ingannando i nostri figli per cercare di convincere meglio noi stessi.
La mia famiglia frequenta tutte persone che hanno seguito lo stesso percorso: una gioventù passata a cercare di mettere a frutto la propria intelligenza, a spremere come un limone i propri studi e ad assicurarsi una posizione al vertice, e poi tutta una vita a chiedersi sbalorditi perché tali speranze siano sfociate in un'esistenza così vana. La gente crede di inseguire le stelle e finisce come un pesce rosso in una boccia. Mi chiedo se non sarebbe più semplice insegnare fin da subito ai bambini che la vita è assurda. Questo toglierebbe all'infanzia alcuni momenti felici, ma farebbe guadagnare un bel po' di tempo all'adulto - senza contare che ci si eviterebbe almeno un trauma, quello della boccia.

Tratto dal romanzo L'eleganza del riccio di Muriel Barbery, edizioni e/o

22 gennaio 2008

A proposito degli eventi vergognosi degli ultimi giorni ho apprezzato la sintesi e la chiarezza di questo intervento di Pietro Kerstich sul Blog di Antonio Di Pietro, attuale (temo per poco) ministro delle Infrastrutture.






Commento al post: Intervista al TG2, postato da Pietro Kerstich




Caro Ministro Di Pietro, dice bene, si dovrebbe correre dal magistrato invece che attaccarlo. Peccato che in Italia la figura del magistrato, dopo Mani Pulite, sia stata attaccata e denigrata in ogni modo quando un politico veniva indagato. La legge non è uguale per tutti, almeno in Italia, dove i politici vogliono l'immunità e usano le televisioni per fare breccia sugli italiani facendosi vedere come povere vittime. Adesso Mastella non perde occasione, si fa vedere ovunque, come a San Pietro per il Papa, la gente viene bombardata da queste notizie piuttosto del perchè è indagato, della vera informazione!Venerdi vedevo i titoli dei giornali italiani online: mi è sembrato di tornare al 1992.

11 gennaio 2008

Il più bello dei mari


Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.

Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.

I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.

E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l'ho ancora detto.




Poesia di Nazim Hikmet
Foto di Henri Cartier-Bresson



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