23 marzo 2006

UN IMPIEGATO INNAMORATO

(Con aria imbarazzata) Ma cosa ridi? Non mi trovo affatto a mio agio, qui di fronte a te. O meglio, sto benissimo, ma non mi coinvolgi, non mi prendi. Non so perché, non te lo so spiegare. In questo momento da te voglio una cosa sola, e lo sai. Non me ne frega niente sinceramente che sei stufa dei ragazzi che pensano solo a quello, non è colpa mia. E poi non sarebbe certo la prima volta, anzi…Senti, non mi va di discutere qui in corridoio, ma cerco di venire incontro ai tuoi impegni…sprecando, tra l’altro, tutta la mia ora di pausa…
Insomma, tu sei sempre felice di vedermi, io invece provo nei tuoi confronti quasi un senso di indifferenza, e mi rendo conto di avere con te un atteggiamento freddo, anche se tu, carinamente, non me lo fai mai notare. Forse ti ho sottovalutato, forse mi conosci già così bene da sapere che sono fatto così, che mi distraggo e mi perdo nei miei pensieri assai di frequente. Se fosse così vorrebbe dire che sei davvero un genio e, soprattutto, la mia anima gemella. Oppure sei semplicemente stupida. Perdonami ma è il pensiero che mi passa più frequentemente nella testa mentre ti ho di fronte. Oramai ci frequentiamo tutti i giorni da quasi un mese, e ci vediamo quasi sempre alla stessa ora. Io sto imparando a conoscere le tue abitudini, e tu le mie. Perché ho l’impressione che con me tu abbia sempre lo stesso atteggiamento, a prescindere da quello che ci succede? Non ho ancora conosciuto un tuo stato d’animo diverso da quello che avevi quando ci siamo visti per la prima volta. Quando ci vediamo abbiamo sempre qualcuno intorno, non riusciamo mai ad avere un momento di maggiore intimità. Non mi permetti di guardarti dentro, di assaporare tutto di te; come pretendi che io mi apra nei tuoi confronti? Forse sono io a toccare i tasti sbagliati…o forse è proprio questo che vuoi. Probabilmente a te sta bene mantenere la situazione invariata, lasciare le cose come stanno.
Cosa c’è? Hai paura di perdere qualcosa di importante? Beh, lasciatelo dire: non so se sia giusto, ma tante altre, per fortuna, non hanno bisogno di pensarci su per così tanto tempo e non si fanno tutti questi scrupoli! Insomma, non mi sembra mica di chiedere la luna, cazzo! Non pretendo chissà quale dose di dolcezza, ma penso che nella tua posizione sia un gesto dovuto, da parte tua. E smettila di fissarmi con quello sguardo da ebete!
Senti, sarò forse brutale, e tu ci rimarrai male, ma ho capito che se non puoi o non vuoi darmi quello che cerco, qualunque sia il motivo, ti devo lasciare. E’ l’unica. Perdonami, sento di dovermi comportare in maniera risoluta, almeno in questa situazione. Per cui non prendertela, comunque andranno le cose. Magari continueremo a vederci, rimarremo “buoni amici”, come si usa dire in questi casi; continuerò a passarti davanti, anche tutti i giorni, e tu starai là a guardarmi, a ripensare ad un rapporto che è finito senza un vero perché… No, aspetta. Io lo so benissimo il perché. Tutto è cominciato quando ho toccato il tasto dolente. Tu dicevi che ti eri rotta…che bisognava attendere…che qualcosa si era inceppato…Beh, sai che c’è di nuovo? Sono io che mi sono rotto! Sei davvero una mentecatta, ecco quello che sei. La tua vita continuerà ad essere piatta ed emozionalmente deprimente per sempre, e non riuscirai a trascinarmi nel tuo mondo grigio e freddo. Mi sono davvero rotto le palle di aspettare, tra noi è tutto finito! Addio.
(Qualche istante più tardi, dopo essersi frugato nelle tasche) Ehi, un momento, aspetta…Non può finire così. Io devo riavere i miei soldi! Si, hai capito bene, i miei fottutissimi cinquanta centesimi. E smettila di lampeggiare, non ci crede più nessuno al numero verde dell’assistenza. Ridammi la mia monetina! Ridammi i miei soldi o sarò costretto a percuoterti! (Urlando) Assistenza! Assistenza!...Ho bisogno di aiuto! (Accasciandosi a terra) Non può finire così. Non può finire così ancora una volta… Preso in giro in questo modo! Da una stupida macchinetta del caffè…

Melanconia per personaggi cechoviani

Torno a casa dopo una giornata piena di lavoro. Il lavoro, che offre dignità all’essere umano. Il lavoro è andato bene, il lavoro è andato male, è lo stesso. C’è; e questo è ciò che mi permette di essere al massimo un po’ depresso, malinconico; niente di più grave, per fortuna. Che piova o che splenda il sole, arriva questo momento, nel quale, confesso, mi piace sguazzare; a volte addirittura cullarmi: è il mio universo solidale. Prendo posto accanto alla finestra, guardo di fuori, ascolto il silenzio, e vorrei solo una cosa dalla vita. Lì, in quel momento. Ma ogni volta che mi avvicino a capirla, a darle una forma, passa un treno. Sempre lo stesso, puntuale come mai lo sono i treni nella realtà. Mi resta addosso un senso di perdizione, mi tremano un po’ le gambe, e tutto quello che per qualche istante si era poggiato sulla punta della mia lingua, pronto ad uscire fuori forte e potente come un fiume, viene inspiegabilmente inghiottito. Allora mi siedo un istante, accenno qualche nota col violino, e finisco inevitabilmente per recarmi in cucina a mangiare qualcosa. Ho una voglia matta di fare cose nuove, anche se so già che non ne porterò a termine nessuna. E’ un perenne tentativo di costruire qualcosa, il mio; tutte le cose della mia vita sono fatte a pezzi, come le costruzioni; ma in ognuna mancano dei pezzi fondamentali, e nessuno riesce a vederlo, questo. Ma quali pezzi? Quali? Quando cerco di capirlo la paura di me stesso fa si che passi quel treno per distrarmi. Allora non mi resta altro da fare che andare alla ricerca di un sorriso, di uno sguardo che, empaticamente, mi riporti la passione dell’ottimismo.

18 marzo 2006

Haiku #2

Una rana mi guarda
allibita: sa benissimo cosa
sto pensando; ma io no.

Buoni propositi

Sto ascoltando i Kaiser Chiefs. Era da un po’ che non mi prendevo la licenza di starmene seduto al pc a scrivere, riflettere, con una musica di sottofondo scelta in modalità assolutamente RANDOM. E chi l’aveva mai sentita ‘sta canzone! “What did i ever give you”, molto Pink Floyd. Per fortuna dalla playlist di mio fratello esce sempre fuori un po’ di tutto, altrimenti sarei un perfetto ignorante riguardo alla musica. Ora ho scoperto un mio grande problema: non riesco mai a fare quello che voglio sentendomene pienamente padrone e a mio agio. Penso anche all’esempio più immediato. Ho deciso di stare seduto a scrivere e ascoltare musica, ma sono da qualche minuto seduto scomodissimo, e non faccio nulla per modificare la mia posizione. Inoltre vorrei avere uno spazio multimediale perfettamente funzionante e funzionale tutto per me, e invece ogni volta che prendo iniziativa per fare qualcosa di preciso (tipo vedere un film, scaricare delle foto, farmi un bel cd da ascoltare in macchina) sorgono i mille problemi del caso, e i miei buoni propositi svaniscono nel nulla. Sto approntando un riassettaggio momentaneo della postazione pc, in quanto le mie esigenze e quelle di mio fratello sono congenitamente incompatibili: lui è mancino, di conseguenza tutto è posizionato per essere comodo per lui (il mouse, la sedia, il mobiletto sotto alla scrivania, la luce ecc.) e, soprattutto devo starmene in camera sua. Per carità, mi ci trovo molto a mio agio, ma mi sento comunque “ospite”. Una noiosa canzone dei Block party mi obbliga a passare al pezzo successivo…Negramaro…mmm…staremo a sentire. Vorrei scrivere un racconto ispiratomi da varie persone che conosco miscelate tra loro. Per ora so che il protagonista della vicenda è un ragazzo, follemente innamorato, e che la vicenda si svolge in un piccolo centro di provincia, forse in Abbruzzo o in Umbria, o forse in un luogo indefinito e frutto esclusivo della mia fantasia. Passo e chiudo con il sottofondo dei Franz Ferdinand. Pappetta mentale.

11 marzo 2006

Considerazioni sul senso di colpa...

La voce si spezza; la palla di piombo appesa al cuore non permette slanci della psiche o del corpo: cerchiamo di sentirla più leggera, di un’altra forma, ma non serve. L’unica certezza è che più ci sforziamo di espellerla e più essa si agita all’impazzata dentro di noi. Vorremmo che ci schiacciasse i piedi, che ci colpisse dall’esterno, e invece lei è lì, grigia, silenziosa, che oscilla dentro di noi. Dobbiamo aspettare che il tempo la frantumi in mille pezzi, e poi attendere che questi pezzi escano pian piano da noi sotto forma di parole, gesti, azioni, pensieri…cacca, magari. Forse qualche pezzettino minuscolo e appena percettibile rimarrà incastrato come una scheggia in qualche angolo remoto di noi stessi, e se ne starà là, tranquillo, finché non andremo a cercarlo. Perché il senso di colpa è un nostro giudizio sulla nostra anima, e gli piace rimanere ben aggrappato al nostro corpicino che lo ospita, a volte anche quando la colpa, fuori, si è dileguata.

Considerazioni sul presentimento...

Il presentimento è un movimento istintivo del pensiero a metà tra conscio e inconscio.
E' come un sesto senso: una saetta che colpisce l'uomo-parafulmine nella sua mente, e prende il sopravvento sugli altri cinque sensi.
Alla base del presentimento c'è una speranza, un'idea rivelata che tende alla concretezza di un fatto.

05 marzo 2006

Haiku #1


Sul solco della
pioggia si posano i pensieri;
la vita rintocca.


Considerazioni sul vuoto...

Vuoto è lo spavento di un gradino che non c'è.
Non bianco, non nero, ma grigio.
Il vomito genera il vuoto, un muro abbattuto genera il vuoto.
Il vuoto è spazio: lo spazio tra le corde e il suono, lo spazio per fare una scelta.